Quando il 23 gennaio 2020 la città cinese di Wuhan fu messa in quarantena per una pandemia causata da un virus, che diventerà famoso con il nome di Covid19, nessuna immaginava che in meno di due mesi dopo le stesse tragiche ed angoscianti immagini sarebbero girate in tutto il mondo dall’Italia. Il 20 febbraio con il paziente 1 di Codogno inizia in Lombardia e nelle regioni del Nord un’apparente inarrestabile diffusione di casi che determina, nel giro di pochi giorni, un’emergenza sanitaria mai registrata nel nostro Paese. Pronto Soccorso, reparti di terapia intensiva, interi ospedali saturati da richieste ingravescenti di assistenza: le immagini degli operatori sanitari stremati dalla fatica e dei camion militari dell’esercito chiamati in aiuto a portare via i pazienti deceduti sono entrati tragicamente nella memoria collettiva. Anche il Governo italiano, come quello cinese, è costretto, come misura di prevenzione, a “fermare” il Paese. Inizia così il periodo del lockdown: 60 giorni di isolamento, paura del contagio, incertezze del domani e il profilarsi, accanto all’emergenza sanitaria, di una grave crisi secondaria economica del Paese. Tutto ciò ha avuto, e non poteva essere diversamente, un impatto importante sulla morbilità psicologica e psichiatrica: ansia, fobia, disturbi del sonno, angoscia e depressione sono giunti all’osservazione dei servizi di salute mentale nella Fase 2, a partire dal 4 maggio, in misura tale da far pensare all’inizio di un’ondata di una pandemia psichica. Obiettivo di questo congresso è quello di fornire un approfondimento sul piano diagnostico e terapeutico delle patologie emergenti del post Covid ed affrontare, alla luce delle evidenze scientifiche più recenti, altre aree critiche della pratica clinica come le forme resistenti o il trattamento delle patologie insorte in gravidanza. Il congresso vuole essere altresì un momento di riflessione e “memoria” su quanto accaduto arricchendosi di un contributo multidisciplinare sull’esperienza Covid.