La gestione del rischio clinico costituisce uno degli aspetti più complessi della medicina e segnatamente della psichiatria.
L’unicità della gestione del RC in psichiatria è legata all’osservazione che i pazienti – spesso più gravi – non hanno consapevolezza di malattia ovvero hanno parziale o assente consapevolezza nelle fasi acute del disturbo e variabile nella stabilizzazione clinica. Da questo deriva una continua ‘contrattazione’ degli interventi terapeutici fino – nei casi estremi – al rifiuto degli stessi. A tale atteggiamento possono seguire Trattamenti Sanitati Obbligatori o comportamenti che vanno da un atteggiamento negativo/oppositivo o addirittura francamente violento.
Se tali osservazioni sembravano limitarsi a pazienti cosiddetti ‘psicotici’, negli ultimi 10 anni si osservano sempre più casi genericamente descrivibili come ‘borderline’ nei quali l’instabilità affettiva, la mutevolezza personologica, l’uso e l’abuso di sostanze e la precarietà dei rapporti interpersonali e della rete sociale fanno sì che scarsa consapevolezza del disturbo, rifiuto delle cure e comportamenti violenti rappresentino condizioni che superano in gravità quelle ascrivibili ai disturbi psicotici.
Lo psichiatra, come decisore di atti terapeutici e medico-legali viene spesso ad operare in un terreno irto di difficoltà non solo cliniche ma anche organizzative e medico-legali. La medicina cosiddetta ‘difensiva’ rischia di diventare la risposta a tali difficoltà.
E’ quindi prioritario che lo psichiatra aggiorni le proprie conoscenze in tali ambiti interdisciplinari.